Il nostro documento ha ottenuto un modesto risultato congressuale nonostante il fallimento della linea politica e del gruppo dirigente nazionale (governo e Arcobaleno). Cause:
le divergenze interne alla nostra mozione
l’accusa di eterodirezione (da parte del PdCI)
il “voto utile” a Ferrero per “salvare il partito”
impegno di funzionari, ex parlamentari, consiglieri, tutti della ex maggioranza
la parziale incapacità di presentare un’ipotesi comunista come innovativa e non conservatrice
l’evidenziarsi delle nostre contraddizioni interne, particolarmente evidente su “Liberazione” e drammaticamente presenti nelle giornate congressuali.
Nonostante questo, abbiamo avuto un ruolo determinante, al congresso nazionale, nell’impedire la paralisi che sarebbe emersa da un accordo tra prima e seconda mozione e nel proporre una svolta politica reale. Il documento finale ha segnato:
la fine dell’ipotesi dell’Arcobaleno e della Costituente
il riposizionamento di Rifondazione all’opposizione
il suo posizionamento come centro di una collocazione alternativa nello schieramento sociale e politico, il tentativo di superamento di posizioni politiciste, la ricerca di un nuovo rapporto con forze comuniste e anticapitaliste
I fatti successivi hanno cancellato e vanificato questo risultato positivo e il ruolo che (anche da meno dell’8%) avremmo potuto svolgere.
Sarebbe stato indispensabile:
difendere la segreteria nazionale emersa dal congresso
praticare le parti più avanzate ed innovative presenti nel documento di Chianciano
rilanciare la ripresa di movimento e la necessità di una forza politica comunista. La proposta di unità dei comunisti, in questo quadro, diventa rifiuto di ogni processo di vertice e inizio di un processo di ridiscussione, lavoro comune dal basso, di autentica rifondazione mai compiuta sino in fondo
pensare anche ad iniziative specifiche di componente: seminari, incontri nazionali, dibattiti
discutere collettivamente come lavorare nelle realtà locali, in specifico nelle federazioni dove abbiamo ottenuto la maggioranza.
La mozione si è invece divisa frontalmente. Una parte di questa, al congresso nazionale, non ha compreso (lo riconosce Giannini sull’ “Ernesto”) che fosse possibile una maggioranza non “vendoliana” e quindi la possibilità (da verificare) di un “nuovo corso”. I fatti successivi hanno peggiorato le cose. Schematizzando esistono: Ernesto, Comunisti in movimento, Sinistra comunista, mentre Controcorrente tende a costituire una associazione. Altri sono “senza casa”. Anche all’ultimo Comitato politico nazionale abbiamo votato in modeo differenziato su un emendamento non secondario. Il che è tutto tranne che positivo.
Questo impedisce:
un lavoro comune
di premere, come necessario, sulla segreteria Ferrero
di incidere sufficientemente sulle federazioni, sui regionali, sulle commissioni di lavoro.
Ogni questione deve essere faticosamente mediata tra singole sottocomponenti, richiede riunioni, incontri, telefonate.Dipende spesso dalla situazione nazionale e dalle tensioni esistenti tra le singole aree o sottoaree.
Continuo a credere che:
la rottura politica ormai sia avvenuta e non possa essere rimarginata con la buona volontà
che occorra una riscrittura ( o più riscritture), aggiornata, del documento congressuale
che serva una mappatura precisa della realtà nazionale (regioni, federazioni, settori). In quante segreterie siamo presenti? Come sono stati gli accordi locali? I vari pezzi della tre come si sono collocati caso per caso? Abbiamo mantenuto o no una fisionomia nazionale coerente?
che servisse e serva ancora un incontro nazionale della mozione per fare il punto della situazione, verificare le divergenze, andare ad un divorzio (o a più divorzi) consensuali. Se si ritiene inutile un incontro complessivo (polemiche, tempo perso, giochetti), questo dovrebbe almeno interessare i/le componenti del Comitato politico nazionale, allargando un po’, in modo concordato, la platea
centro dell’iniziativa deve essere la difesa della segreteria contro i comportamenti della seconda mozione (scissionista), ma questo non è sufficiente. Dobbiamo dare senso all’impegno sociale, rilanciare una proposta politico- culturale difficile in una fase in cui rischiamo di scomparire (anche organizzativamente)
la questione elettorale è conseguente alla capacità di esistere e di essere socialmente utili, ma le scelte attuate sino ad ora (Bolzano, Trento, Abruzzo) sono lontane da quanto abbiamo proposto: unità dei comunisti, non come somma di due partiti, ma come capacità di discutere a largo raggio (alla nostra destra e alla nostra sinistra), come processo di cui accordi elettorali locali e nazionali sono solamente una tappa. A quattro mesi dal congresso, perché non si è fatto un passo per un confronto con Sinistra critica? Questo non cancella la necessità di unità di azione con tutte le forze di sinistra su temi specifici, in particolare sociali e la necessità di convergenze, più larghe, sull’emergenza democratica (attacco alla Costituzione e non solo) in cui viviamo.
Sarò semplicista, ma mi sembra:
che la nostra situazione sia gravissima, come indicano i dati elettorali (parzialmente e positivamente corretti da quelli abruzzesi) e la mancanza di mezzi finanziari
che sia negativo che un congresso duri sette mesi a scapito di un reale impegno
che è indispensabile una ricognizione di quello che siamo (iscritti/e, soldi, sedi, attività, rapporto con altre forze politiche) anche davanti ai/alle separati/e in casa
che occorra ridare segni di vita sui temi sociali come sulla proposta politica complessiva (che mi sembra piuttosto carente e attuata a macchia di leopardo)
che alla nostra mozione tocchi un compito importante, davanti anche alle contraddizioni e differenze interne alla prima mozione (potrei citare interventi al congresso piemontese, ma anche pratiche “continuiste” in più situazioni e su più temi), anche per un ripensamento teorico di cui abbiamo bisogno, dopo il disastro culturale degli ultimi anni (propedeutico, come sempre, al disastro organizzativo-politico)
stante la situazione “balcanizzata”della mozione, è impossibile organizzare iniziative di proposta complessiva, ma almeno tentiamo di proporre iniziative specifiche, convegni in cui abbiano spazio alcuni nostri temi (no al governismo e alle guerre, rifondazione reale e suoi nodi, dialogo con formazioni comuniste e anticapitaliste). Propongo di riflettere su – crisi e sue ricadute (è esistito il liberismo? Quale rapporto fra risposte keynesiane e marxiste? – Configurazione, oggi, delle destre – federalismo e nuove questioni meridionale e settentrionale. Un serio bilancio del “socialismo reale” andrebbe compiuto, non dividendosi su matrici culturali, ma attualizzando i temi (democrazia nella società e nel partito, pluripartitismo, questione ambientale)
Ancor più in questa situazione, un serio ripensamento teorico, un rimescolamento delle varie matrici e storie da cui proveniamo, una verifica sociale che ci permetta di ritrovare connessione con i nostri tradizionali riferimenti e di essere argine davanti allo scivolamento su posizioni razziste e populiste, possono e debbono essere coniugati con una proposta politica capace di riaprire un confronto a tutto campo. Il confronto e l’unità della forze comuniste e anticapitaliste hanno significato solo in questa prospettiva.