Sergio Dalmasso storico del movimento operaio. QUADERNI CIPEC e Altri Scritti
  

HOME      Archivio      Scritti, Video e Quaderni Cipec      


Archivio

Effettua una ricerca oppure sfoglia l'archivio per categorie


Ricerca:       



Congresso regionale  Novembre 2008   Torna alle categorie

Congresso regionale 2008

Dopo il congresso nazionale e quelli regionali

Il terzo documento. E ora?

 

Il nostro documento ha ottenuto un modesto risultato congressuale nonostante il fallimento della linea politica e del gruppo dirigente nazionale (governo e Arcobaleno). Cause:

  •  le divergenze interne alla nostra mozione
  •  l’accusa di eterodirezione (da parte del PdCI)
  •  il “voto utile” a Ferrero per “salvare il partito”
  •  impegno di funzionari, ex parlamentari, consiglieri, tutti della ex maggioranza
  •  la parziale incapacità di presentare un’ipotesi comunista come innovativa e non conservatrice
  •  l’evidenziarsi delle nostre contraddizioni interne, particolarmente evidente su “Liberazione” e drammaticamente presenti nelle giornate congressuali.

 

Nonostante questo, abbiamo avuto un ruolo determinante, al congresso nazionale, nell’impedire la paralisi che sarebbe emersa da un accordo tra prima e seconda mozione e nel proporre una svolta politica reale. Il documento finale ha segnato:

  •  la fine dell’ipotesi dell’Arcobaleno e della Costituente
  •  il riposizionamento di Rifondazione all’opposizione
  •  il suo posizionamento come centro di una collocazione alternativa nello schieramento sociale e politico, il tentativo di superamento di posizioni politiciste, la ricerca di un nuovo rapporto con forze comuniste e anticapitaliste

 

I fatti successivi hanno cancellato e vanificato questo risultato positivo e il ruolo che (anche da meno dell’8%) avremmo potuto svolgere.

Sarebbe stato indispensabile:

  •  difendere la segreteria nazionale emersa dal congresso
  •  praticare le parti più avanzate ed innovative presenti nel documento di Chianciano
  •  rilanciare la ripresa di movimento e la necessità di una forza politica comunista. La proposta di unità dei comunisti, in questo quadro, diventa rifiuto di ogni processo di vertice e inizio di un processo di ridiscussione, lavoro comune dal basso, di autentica rifondazione mai compiuta sino in fondo
  •  pensare anche ad iniziative specifiche di componente: seminari, incontri nazionali, dibattiti
  •  discutere collettivamente come lavorare nelle realtà locali, in specifico nelle federazioni dove abbiamo ottenuto la maggioranza.

 

La mozione si è invece divisa frontalmente. Una parte di questa, al congresso nazionale, non ha compreso (lo riconosce Giannini sull’ “Ernesto”) che fosse possibile una maggioranza non “vendoliana” e quindi la possibilità (da verificare) di un “nuovo corso”. I fatti successivi hanno peggiorato le cose. Schematizzando esistono: Ernesto, Comunisti in movimento, Sinistra comunista, mentre Controcorrente tende a costituire una associazione. Altri sono “senza casa”. Anche all’ultimo Comitato politico nazionale abbiamo votato in modeo differenziato su un emendamento non secondario. Il che è tutto tranne che positivo.

Questo impedisce:

  •  un lavoro comune
  •  di premere, come necessario, sulla segreteria Ferrero
  •  di incidere sufficientemente sulle federazioni, sui regionali, sulle commissioni di lavoro.

Ogni questione deve essere faticosamente mediata tra singole sottocomponenti, richiede riunioni, incontri, telefonate.Dipende spesso dalla situazione nazionale e dalle tensioni esistenti tra le singole aree o sottoaree.

 

Continuo a credere che:

  •  la rottura politica ormai sia avvenuta e non possa essere rimarginata con la buona volontà
  •  che occorra una riscrittura  ( o più riscritture), aggiornata, del documento congressuale
  •  che serva una mappatura precisa della realtà nazionale (regioni, federazioni, settori). In quante segreterie siamo presenti? Come sono stati gli accordi locali? I vari pezzi della tre come si sono collocati caso per caso? Abbiamo mantenuto o no una fisionomia nazionale coerente?
  •  che servisse e serva ancora un incontro nazionale della mozione per fare il punto della situazione, verificare le divergenze, andare ad un divorzio (o a più divorzi) consensuali. Se si ritiene inutile un incontro complessivo (polemiche, tempo perso, giochetti), questo dovrebbe almeno interessare i/le componenti del Comitato politico nazionale, allargando un po’, in modo concordato, la platea
  •  centro dell’iniziativa deve essere la difesa della segreteria contro i comportamenti della seconda mozione (scissionista), ma questo non è sufficiente. Dobbiamo dare senso all’impegno sociale, rilanciare una proposta politico- culturale difficile in una fase in cui rischiamo di scomparire (anche organizzativamente)
  •  la questione elettorale è conseguente alla capacità di esistere e di essere socialmente utili, ma le scelte attuate sino ad ora (Bolzano, Trento, Abruzzo) sono lontane da quanto abbiamo proposto: unità dei comunisti, non come somma di due partiti, ma come capacità di discutere a largo raggio (alla nostra destra e alla nostra sinistra), come processo di cui accordi elettorali locali e nazionali sono solamente una tappa. A quattro mesi dal congresso, perché non si è fatto un passo per un confronto con Sinistra critica? Questo non cancella la necessità di unità di azione con tutte le forze di sinistra su temi specifici, in particolare sociali e la necessità di convergenze, più larghe, sull’emergenza democratica (attacco alla Costituzione e non solo) in cui viviamo.

 

Sarò semplicista, ma mi sembra:

  •  che la nostra situazione sia gravissima, come indicano i dati elettorali (parzialmente e positivamente corretti da quelli abruzzesi) e la mancanza di mezzi finanziari
  •  che sia negativo che un congresso duri sette mesi a scapito di un reale impegno
  •  che è indispensabile una ricognizione di quello che siamo (iscritti/e, soldi, sedi, attività, rapporto con altre forze politiche) anche davanti ai/alle separati/e in casa
  •  che occorra ridare segni di vita sui temi sociali come sulla proposta politica complessiva (che mi sembra piuttosto carente e attuata a macchia di leopardo)
  •   che alla nostra mozione tocchi un compito importante, davanti anche alle contraddizioni e differenze interne alla prima mozione (potrei citare interventi al congresso piemontese, ma anche pratiche “continuiste” in più situazioni e su più temi), anche per un ripensamento teorico di cui abbiamo bisogno, dopo il disastro culturale degli ultimi anni (propedeutico, come sempre, al disastro organizzativo-politico)
  •  stante la situazione “balcanizzata”della mozione, è impossibile organizzare iniziative di proposta complessiva, ma almeno tentiamo di proporre iniziative specifiche, convegni in cui abbiano spazio alcuni nostri temi (no al governismo e alle guerre, rifondazione reale e suoi nodi, dialogo con formazioni comuniste e anticapitaliste). Propongo di riflettere su – crisi e sue ricadute (è esistito il liberismo? Quale rapporto fra risposte keynesiane e marxiste? – Configurazione, oggi, delle destre – federalismo e nuove questioni meridionale e settentrionale. Un serio bilancio del “socialismo reale” andrebbe compiuto, non dividendosi su matrici culturali, ma attualizzando i temi (democrazia nella società e nel partito, pluripartitismo, questione ambientale)

 

Ancor più in questa situazione, un serio ripensamento teorico, un rimescolamento delle varie matrici e storie da cui proveniamo, una verifica sociale che ci permetta di ritrovare connessione con i nostri tradizionali riferimenti e di essere argine davanti allo scivolamento su posizioni razziste e populiste, possono e debbono essere coniugati con una proposta politica capace di riaprire un confronto a tutto campo. Il confronto e l’unità della forze comuniste e anticapitaliste hanno significato solo in questa prospettiva.

 

 

Torino, 20 dicembre 2008-

Sergio  Dalmasso